Racconti dal settentrione: isole immaginarie, creature esotiche, mostri marini
Nel 1539, l’umanista ed ecclesiastico svedese Olao Magno –italianizzazione di Olof Månsson– dà alle stampe a Venezia la Carta Marina et descriptio septemtrionalium terrarum ac mirabilium rerum in eis contentarum, la più importante e influente mappa del Nord Europa del Cinquecento. La mappa di Olao Magno è molto più che una semplice rappresentazione cartografica delle terre del Nord: la carta è corredata da disegni di mostri marini e animali fantastici, tornado, scene di pesca e di guerra e un’infinità di dettagli che, quasi come un gioco, possono essere trovati osservando con attenzione la mappa.
Olao Magno Historia delle Genti e della natura delle cose settentrionali 1565 |
L’intenzione di Olao è quella di invitare il pubblico europeo a familiarizzare con le caratteristiche e le curiosità del mondo nordico, rimuovendo quella barriera di diffidenza e sospetto nei confronti del Settentrione che ancora permea l’opinione comune.
L’opera divulgativa di Olao non si ferma alla carta marina: l’umanista svedese realizza infatti anche un’enorme opera a carattere corografico e paleo-antropologico, ricca di dati, notizie e curiosità di ogni genere intorno ai popoli del Nord: la Historia de gentibus septentrionalibus (1555). L’opera, corredata da 481 splendide xilografie, ha un enorme successo editoriale e viene rapidamente tradotta in italiano e, successivamente, in francese, inglese, tedesco e neerlandese. Insieme alla carta marina, l’opera di Olao, che descrive spesso ingenuamente elementi come maghi, streghe, luoghi straordinari, lupi mannari e, ovviamente, mostri marini, contribuisce a tracciare indelebilmente l’immaginario cinquecentesco del Settentrione.
I mostri marini sono senz’altro l’elemento più curioso e affascinante del Settentrione descritto da Olao. Non a caso, infatti, le popolari carte settentrionali di Mercatore e del Theatrum Orbis Terrarum di Abraham Ortelius –basate precisamente sulla carta marina di Olao, a cui aggiungono la isola fittizia di Frislanda–, rappresentano mostri marini che infestano il Nord Europa. Non si tratta, ovviamente, di un’invenzione dell’umanista svedese: storie di mostri marini popolano la letteratura di ogni tempo. Come dimenticare, ad esempio, l’isola all’interno del ventre della balena descritta da Luciano di Samosata nella Storia vera che ispirerà Verne e Collodi, oppure la balena-isola, sopra la quale san Brandano celebra persino una messa nella Navigatio Sancti Brendani, classico della letteratura medievale? Questa tipologia di animali fantastici è inoltre ben attestata da bestiari e trattati di storia naturale medievali e umanistici: l’anonimo Hortus Sanitatis (1491), enciclopedia di storia naturale scritta in latino e pubblicata a Magonza in Germania, presenta ad esempio un’intera sezione dedicata a pesci di ogni tipo, tra cui figurano mostri marini e persino sirene. Persino nel Nuovo Mondo vengono trovati animali mostruosi, come racconta un testo popolare come la Historia general y natural de las Indias, islas y Tierra Firme del Mar Océano (1535) di Fernández de Oviedo. Probabilmente Olao si ispira a questi due testi per la trattazione e la rappresentazione dei mostri marini.
L’interesse per i mostri marini travolge anche Sebastian Münster, autore di una enorme Cosmographia (1544) che gli vale dai contemporanei il soprannome di “Strabone di Germania”. L’opera, pubblicata in tedesco ma tradotta nel giro di pochi anni in latino, ha una diffusione enorme in tutta Europa e consiste nella prima geografia universale, contenente la descrizione di tutte le terre conosciute, realizzata grazie all’utilizzo di tutte le fonti più accreditate allora a disposizione. All’interno della trattazione delle regioni settentrionali, Münster inserisce una splendida tavola a due pagine contenente tutti i mostri marini del Settentrione tratti dalla Carta marina di Olao, identificati da una legenda.
Il fascino per il Settentrione europeo e per i mostri marini ha un effetto tangibile anche nella letteratura dell’epoca. Frutto di questo interesse per il Nord è l’ultimo romanzo di Miguel de Cervantes, il famoso autore del Don Chisciotte: Los trabajos de Persiles y Sigismunda. Historia septentrional (“Le peripezie di Persiles e Sigismunda. Storia settentrionale”, 1617). L’opera racconta la storia di due giovani innamorati che, per ritrovarsi e potersi sposare, devono superare varie traversie, prima nel Settentrione europeo, poi nell’Europa meridionale. I personaggi sono figli del mondo settentrionale così come conosciuto all’epoca: Persiles è figlio secondogenito del re di Thule e Sigismunda primogenita del re di Frislanda. I pericoli affrontati dai protagonisti nella parte dell’opera ambientata nel Settentrione sono tratti da Olao Magno: troviamo barbari, streghe, lupi mannari e, ovviamente, mostri marini. Qui di seguito l’episodio in cui la nave su cui viaggia Persiles si imbatte in un terribile mostro marino simile a un serpente che possiamo infatti trovare nell’opera di Olao Magno:
Il sonno e il silenzio cominciavano a impadronirsi dei sensi dei miei compagni, e io mi accingevo a chiedere a colui che stava con me molte cose tra quelle che sono indispensabili per saper far uso dell’arte della navigazione, quando, all’improvviso, cominciarono a piovere, non gocce, ma nubi intere d’acqua sulla nave, tanto che sembrava che tutto il mare fosse salito nella regione del vento e, di lì, si lasciasse rovesciare sull’imbarcazione. Entrammo tutti in agitazione e, balzati in piedi, guardando da tutte le parti, vedemmo il ciclo ovunque sereno, senza nessun avviso di burrasca, cosa che causò in noi paura e meraviglia. Nel frattempo, quello che stava con me disse: – Senza alcun dubbio questa pioggia deriva da quella emessa da certe finestre che hanno sotto gli occhi quei mostruosi pesci detti Naufraghi; e se è davvero così stiamo correndo un gravissimo pericolo di morte. Bisogna dar fuoco a tutte le polveri per cercare di spaventarli con il rumore. In quel momento vidi sollevarsi e abbattersi sulla nave un collo simile a quello di un terribile serpente, il quale, dopo aver ghermito un marinaio, lo ingoiò in un baleno senza neppure masticarlo (M. de Cervantes, Persiles, II, 15).